Nel medioevo c'era la pena di morte?

« Older   Newer »
  Share  
Diomede©
view post Posted on 24/4/2010, 17:19




Se sì quale era? E in cosa consisteva ? Era lenta la procedura?

Differenza fra pena di morte dell'ALTO MEDIOEVO e BASSO MEDIOEVO?

Stato : Italia

Edited by Diomede© - 24/4/2010, 18:47
 
Top
PaulosPrince
view post Posted on 25/4/2010, 19:32




Ciao...Allora la pena di morte era una paratica non considerata nel Medioevo come la reputiamo oggi, ma semplicemente un sistema per punire. Varie erano le pratiche di condanna, come l'impiccagione, il soffocamento, l'essere affogati in un fiume (quest'ultima era un uso soprattutto mutuato dalla tradizione tedesca o meglio, germanica). Ovviamente puoi ben capire che queste pratiche nell'Alto Medioevo variavano da popolo a popolo. Per esempio presso i Longobardi la pratica di morte più diffusa fu dopo l'editto di Rotari del 643, la mutilazione fisica in proporzione al danno inflitto. Nel Basso Medioevo invece molto diffusa era la pratica dell'impiccagione e del rogo soprattutto con la nscista dell'inquisizione. La caratteristica curiosa è che nel corso di tutto il Medioevo e non solo mai nessuno avvertiva il bisogno di modificare tali usanze perchè disumane. Anzi, perfino le istituzioni universali Papato e Chiesa le appoggiavano poichè ritenute l'unico sistema per punire chi era andato contro le volontà divina. Insomma una visione del tutto diversa dalla nostra attuale ;)
 
Top
Ares_Lacedemone
view post Posted on 28/5/2010, 12:22




Nonostante il fatto che la parola "penitenza" si leghi intrinsecamente alla Chiesa, la pena di morte è una caratteristica sociale ben lontana dalla visione cristiana dell'epoca. Infatti il termine "pena" indica un giudizio, magari la fine di un processo o la fine di un sentimento sociale e culturale che porta a un risultato. La 'penitenza' episcopale deriva da un processo; prima del VIII secolo, esisteva la 'penitenza canonica', la quale era legata agli emendamenti canonici. Il reo doveva confessare i propri peccati in un processo pubblico sotto l'autorità del vescovo, e dopo questa entra a far parte dell'ordo poenitentium. Ovvero in quella sorte di penitenza che non gli permetteva di prendere posti illustri nella Chiesa durante le funzioni (e in alcuni casi non poteva nemmeno entrarci in Chiesa), la posizione genuflessa, l'impossibilità nel dare le offerte (forse la cosa più grave). Ma non solo, il soggetto non poteva più nemmeno prendere parte all'esercito e doveva vestirsi di pelle di capra (per reinterpretare il ruolo di dannato che siede alla sinistra di Cristo), non potevano più ricorrere a tribunali civili, svolgere attività commerciali, esercitare cariche pubbliche e, soprattutto, non potevano più accedere a dignità e ordini ecclesiastici. Passato il VIII secolo, la confessione diviene privata, e da cui si riceveva l'indicazione della espiazione da compiere, secondo un computo capillare delle colpe e delle relative pene. I sacerdoti, avevano un aiuto per stabilire la pena in base al reo commesso: questa veniva assegnata grazie a dei liber poenitentialis (libri penitenziali). Con l'avvento del 1215 e il IV Concilio lateranense si stabilì l'obbligo della confessione almeno annuale al sacerdtore da parte di tutti i fedeli, indipendentemente dalla notorietà della colpa e l'introduzione della parola "assoluzione".

Diverso discorso, invece vale per i tribunali civili, i quali, non si facevano molte remore a mandare a morte i condannati. Bisogna però precisare che -come molti penseranno- la tortura non era cosa comune nei tribunali medievali. L'imputato, infatti doveva reggersi in piedi, sulle proprie gambe e non poteva versare sangue. Le turture, esistevano si, ma venivano riservate a fine estrapolativo delle informazioni e non a fine punitivo. Le torture, quindi, venivano praticate sostanzialmente ai soldati nemici, presso che mai a civili. Precisato questo, andiamo ad approfondire il tema.
La legge civile, in un primo momento si basa sul diritto romano, e le varie leggi (come il Lex Romana Visigothorum del 506 che affiancò il Codex euricianus del 480 circa e al Lex Visigothorum di difficile datazione ma tra i due elencati in precedenza. Tutti questi codici risultano essere simili e aver preso spunto dai codici Costantiniani) non si distaccavano di molto da quelle che erano considerate le migliori al tempo. In queste, cosa si dice della pena di morte? Essa, come è facilmente pensabile, è ben presente. Un esempio è quando il rapitore e la donna rapita erano rei della pena capitale nel caso in cui lei si fosse unita a lui, però allo stesso tempo potevano eludere il castigo nel momento in cui chiedessero l’asilo del vescovo. Stessa clausola valeva quando una donna veniva trovata a copulare con il proprio servo. Quindi esisteva la pena di morte, ma le "scappatoie" erano ben sottolineate. Questo era fatto apposta: nel codice romano non esistevano queste vie di fuga, che si presentarono con i legislatore visigoti, al fine di mitigare la pena.
Poi arrivano i Longobardi ed impongono il loro diritto, che non differesce di molto da quello suddetto. Cosa diversa, invece per l'avvento dei Carolingi, che tramite Pillio da Medicina [insegnante a Modena] rinverdiscono il vecchio diritto romano del Corpus Iuris Civilis (una raccolta di legge romane datato attorno al 530). L'opera voluta da Giustiniano, così, torna in auge nell'Europa tramite il Libri legales che fino a poco tempo prima non apprezzava l'operato d'Oriente.
Quindi la pena di morte torna, di nuovo, a farla da padrona. Era quindi accetata e permessa. Lo stesso codice Corpus Iuris Civilis fece da base sul quale i diritti duecenteschi si formarono.

 
Top
2 replies since 24/4/2010, 17:19   377 views
  Share